Illusione o realtà…
Non vogliamo ergerci a guru tecnici quindi non entreremo nelle peculiarità della materia ma ci limiteremo ad osservare i limiti dovuti a casistiche che di seguito vorremmo portare all’attenzione.
Partiamo subito dal fondo: siamo allergici all’abuso di vocaboli entusiasmanti se non supportati da numeri e case history e crediamo che, come spesso accade, alcuni incentivi si trasformino poi in leve commerciali che non soddisfano sempre le aspettative del committente finale.
Le comunità energetiche sono rivolte a privati ed aziende e sono costituite da più soggetti con regole interne, che possono variare in accordo tra i partecipanti attraverso lo statuto.
Le ultime novità riguardano il fatto che, per la prima volta in assoluto, ne possono giovare anche utenti che non sono in possesso di un impianto fotovoltaico. Inoltre, in talune circostanze come ad esempio le cittadine al di sotto dei 5000 abitanti, si può godere di ulteriori privilegi.
Sono però entità complesse da creare e da normare a seconda dei partecipanti, necessitano di professionisti che ne gestiscano gli aspetti legali e normativi ma anche di gestione di contabilizzazione e rendicontazione. Questo significa anche tenere conto di costi costanti.
La Transizione 5.0 nata per le aziende ha un duplice obbiettivo, da un lato agire sull’efficientamento energetico di soggetti energivori quali aziende e poli produttivi, dall’altro incentivare l’innovazione grazie a un sostegno economico importante da parte dello stato raggiunti i parametri indicati.
Ci sono due aspetti che a nostro parere sono sottovalutati e sono dettati dagli importi complessivi delle opere e dal tempo strettissimo per realizzarle.
Partendo da quest’ultimo, essendo fondi derivanti dal PNRR con il limite di completamento degli interventi entro fine 2025, l’azienda che voglia aderire a tale intervento rischia di non adempiere a tutti gli obblighi entro la deadline in quanto alcuni dettagli di carattere tecnico a dicembre 2024 non sono ancora state divulgati.
Per quanto riguarda invece gli importi, una serie di tecnicismi e limitazioni posti da fonti autorevoli a livello nazionale determinano una forbice sotto il quale l’intervento, nonostante i forti incentivi fiscali, non ha motivo di essere svolto secondo le direttive medesime perché onerose ed è una casistica che può verificarsi di sovente.
Come sempre, sono molti i fattori da prendere in considerazione.
In sintesi, a livello personale, ritengo che, invece di incentivi sporadici a spot con grandi limitazioni temporali che non tengono conto di una filiera industriale, è meglio offrire una percentuale incentivante minore, ma rendere strutturale per anni la possibilità di adesione con snellezza di direttive.
Il consiglio è di rivolgersi a realtà che gestiscono la filiera come unico interlocutore, compresa la parte tecnico-esecutiva, per evitare di incorrere in una spesa maggiore nonostante l’intento propositivo.
Il ventaglio delle opzioni è ampio, sia per quanto riguarda l’offerta che in base alle necessità della singola realtà.
Giorgio Zaupa
Chief Strategy Officer
C2 System